La mazza di tamburo (Macrolepiota procera (Scop.) Singer, 1948)[1][2] è un fungo basidiomicete della famiglia Agaricaceae. È uno dei più vistosi, conosciuti ed apprezzati funghi commestibili.[3]
La sua tossicità da cruda, caratteristica poco nota e comune ad altre specie congeneri, è causa di non infrequenti intossicazioni (vedasi le note sulla commestibilità).
Dal latino procerus, che significa slanciato, affusolato.[6]
Il cappello è inizialmente sferoidale, poi convesso e piano a maturità; è dotato di umbone bruno o bruno-grigio, liscio al centro e quindi coperto di scaglie fioccose e brunicce, con caratteristica disposizione radiale, sempre più rade verso il margine che si presenta sfrangiato. La cuticola è color nocciola-biancastra, fibrillosa e setosa. Di dimensioni ragguardevoli che vanno dai 10 finanche ai 25 cm.[3][6][7]
Le lamelle sono fitte, numerose, irregolari e di colore bianco o giallastro, poi tendenti al color rosato-bruno o cipria e imbrunenti al tocco. Ventricose ed alte, mostrano un evidente distacco dal gambo.[3][6][7]
Il gambo è assai slanciato e sottile (20–45 cm x 10–20 mm), di diametro pressoché costante e normalmente diritto, fibroso, duro, cavo e cilindrico. Bulboso al piede, è adornato da un anello doppio, scorrevole e ampio. Al di sotto dell'anello è presenta la caratteristica ed evidente squamatura color caffellatte.[3][7]
La carne è bianca e tendente al rosato o al rossastro al taglio, fioccosa, tenera, poco consistente e fragile nel cappello, è fibrosa (quasi legnosa) nel gambo.
Come per altre specie fungine, dopo la cottura la "resa" non è molto elevata in quanto i cappelli - anche se di dimensioni enormi - si riducono considerevolmente in larghezza.
Pleurocistidi assenti.
Le spore, di colore bianco in massa, sono ialine, lisce, ellittiche e grandi (12-18 x 8-12 µm), e presentano un piccolo poro germinativo.
Le cheilocistidi sono di dimensioni 40 x 12 µm, clavate o cilindriche.[7]
Vive spesso gregario, indifferentemente in boschi di latifoglie o di conifere, come nei prati, nelle radure e sui bordi della strada. È diffuso in Nord America e in Europa. Compare dall'estate all'autunno.[3][6][8]
Commestibile con cautela: fungo leggermente tossico da crudo, che necessita di prolungata cottura, ne va perciò evitata la preparazione alla piastra o alla griglia, in quanto le parti interne potrebbero rimanere parzialmente crude.[6] Va consumato solo il cappello.[3]
Si presta per la preparazione di cotolette, quando il cappello è totalmente aperto e con le lamelle ancora bianche, mentre con gli esemplari più giovani non ancora aperti si possono preparare frittate.[3]
Gli esemplari essiccati spontaneamente sono più aromatici e dovrebbero aver perso la loro tossicità; si consiglia comunque di consumarli previa cottura. Si raccomanda di non immergere in acqua il gambo degli esemplari ancora chiusi, per accelerarne l'apertura. Ciò potrebbe comportare una maggiore tossicità del fungo.
Difficilmente confondibile con altre specie congeneri, in virtù della sua notevole stazza. Tuttavia, in condizioni climatiche ed ambientali particolari, la M. procera si presenta di dimensioni assai ridotte rispetto alla norma e pertanto può essere confusa facilmente con specie somiglianti. Particolarmente pericolosa è la confusione con le specie del genere Lepiota, di dimensioni molto più piccole (diametro di pochi cm), molte delle quali sono velenose o mortali.
Specie simili per taglia e aspetto sono:
La mazza di tamburo (Macrolepiota procera (Scop.) Singer, 1948) è un fungo basidiomicete della famiglia Agaricaceae. È uno dei più vistosi, conosciuti ed apprezzati funghi commestibili.
La sua tossicità da cruda, caratteristica poco nota e comune ad altre specie congeneri, è causa di non infrequenti intossicazioni (vedasi le note sulla commestibilità).